PISTIS SOPHIA E MOSAICI DELL’AULA NORD

DELLA BASILICA DI AQUILEIA

 

 

            Dal terzo secolo a.C. al terzo secolo d.C., Alessandria d’Egitto fu il più grande centro culturale dell’Impero romano. La città accolse e sintetizzò i contenuti dell’arte, della filosofia e della scienza provenienti da tutto il bacino del Mediterraneo. Il museo di Alessandria, il suo osservatorio astronomico, il giardino botanico e, soprattutto, la sua enorme biblioteca (di recente nuovamente costruita), ne fecero il centro propulsore della ricerca scientifica, filosofica e culturale in genere. Ricordiamo che Aquileia, dalla spiccata caratteristica cosmopolita, vi era collegata regolarmente via mare.

            Nel 1945 furono scoperti a Nag Hammadi in Egitto (regione di Tebe-Luxor) 53 scritti gnostici in copto (ultimo stadio della lingua egiziana, arricchita di elementi greci), risalenti al II secolo d.C.. La stessa origine ha il testo "Pistis Sophia", così chiamato dal primo traduttore inglese dopo che fu portato a Londra alla fine del 1700. Il manoscritto si trova ora al British Museum  (trad. it. L. Moraldi, Adelphi, 1999).

            Pistis Sophia (Fede Sapienza) rappresenta il percorso dell’anima, emanazione del Padre, smarrita nell’imperfezione della materia, che cerca disperatamente la via del ritorno all’Origine. Lo compie per mezzo della “via gnostica”, cammino della conoscenza dei Misteri e delle Verità supreme, che redime e salva. E’ il classico tema gnostico: chi sei, da dove vieni, perché sei venuto, dove vai… ? All’apice dell’universo vi è un Dio ineffabile, infinito, inaccessibile, dal quale emana ogni cosa. Sotto si trova il mondo della Luce Pura con tre immense regioni. La prima è la regione del Tesoro della Luce, ove sono raccolte le anime che ricevettero i misteri. La seconda è la regione di destra, con sei grandi Prìncipi aventi il compito di estrarre dal Cosmo inferiore le particelle di luce e ricondurle nel Tesoro. La terza è la regione di mezzo (regione delle stelle fisse), nella quale troviamo alcune grandi personalità, tra cui Melchisedech e la Vergine Luce, che giudica le anime degne di risalita e quelle condannate all’eterno tormento. Al di sotto del mondo della Luce Pura abbiamo il mondo degli Eoni, caratterizzato dalla commistione tra materia e luce, effetto della rottura dell’originaria integrità (presenza dell’Ego, cioè del male, dell’errore, dei difetti). Qui è necessaria l’operazione purificatrice affinché la luce ritorni all’origine, è il mondo del drammatico scontro tra bene e male. Anche il mondo degli Eoni (o dei cieli planetari) consta di tre regioni: la prima è la regione di sinistra dei dodici Eoni, più il tredicesimo, con gli Arconti; la seconda è quella degli uomini; la terza è quella degli Inferi.

            L’autore di Pistis Sophia dice che, dopo che Gesù fu risorto, trascorse undici anni con i suoi discepoli, durante i quali li istruì fino alla soglia dei massimi misteri; dimostra inoltre un particolare interesse per i Profeti e i Giusti dell’Antico Testamento, ritenendo che gli Arconti degli Eoni parlarono con loro dandogli una conoscenza non comune dei misteri. Tale conoscenza (come quella rivelata nei Vangeli) era tuttavia fatta di parabole e di messaggi nascosti, di cui Gesù solo dopo la Resurrezione comunicò il senso: “Da oggi in avanti parlerò con voi apertamente dall’inizio della verità fino alla sua perfezione, parlerò con voi faccia a faccia senza parabole”. Ancora: “Prima che io venissi nel mondo nessuna anima è entrata nella Luce! Ma ora… ho aperto le porte della Luce…”. Gesù è stato mandato dal Padre per la salvezza degli uomini, per la loro illuminazione, per amore loro.

            Gli interlocutori di Gesù, in Pistis Sophia, sono i discepoli (i dodici) e quattro discepole: Maria madre di Gesù, Salomè, Marta e Maria Maddalena. La parte di gran lunga preponderante, tra tutti, è assegnata a Maria Maddalena. Di lei sono fatte da Gesù le più ampie lodi e lei intercede per i discepoli. Riguardo a questo, si può già pensare ad una contrapposizione della comunità gnostica alla Chiesa ufficiale circa la posizione della donna nell’ambito della comunità e del culto cristiano. In P.S. agli Apostoli e alle donne sono riconosciute un’autorità e una dignità che non troviamo altrove. Essi soltanto sono i detentori dell’insegnamento di Gesù, soprattutto di quelle rivelazioni impartite dopo la Resurrezione, riservate a loro e ai loro discepoli, cioè agli Gnostici (coloro che hanno la Conoscenza).

            La ricerca sui mosaici dell’aula nord si indirizza ad una concezione cosmologico-religiosa; la serie planetaria rappresentata nei mosaici riporta proprio a quella di P.S. ed è diversa da tutte le altre sequenze conosciute: Cronos (Saturno), Ares (Marte), Hermes (Mercurio), Afrodite (Venere), Zeus (Giove). Tale serie non è quella mitraica, non è quella caldea, non è quella della tradizione ermetica (dell’astrologia tradizionale: Luna, Mercurio, Venere, Sole, Marte, Giove, Saturno), non è quella ebraica, e neppure quella dell’apocalittica cristiana. La sequenza dei soli cinque pianeti così disposti, senza Sole e Luna, si trova solo in P.S. e nel mosaico aquileiese.

            La sequenza riporta ad una visione escatologica o di ascesa dell’anima attraverso i cieli. Con la nascita, man mano che l’anima discende attraverso i Cieli e si avvicina alla Terra, aumenta l’imperfezione morale; con la morte, inizia la risalita verso la perfezione dell’Essere. Dalla casa di Dio ogni uomo è derivato, scendendo attraverso i Cieli, dai quali riceve i condizionamenti e la tendenza al male che lo caratterizzano. La vita (lavoro interno attraverso la conoscenza) e il percorso in senso inverso dopo la morte costituiscono le tappe per risalire al Padre. Lo Gnosticismo è una dottrina sostanzialmente ascetica, che si preoccupa soprattutto della strada del ritorno, in quanto esprime la nostalgia del Padre e della perfezione. Questo mondo è pieno di ingiustizia e di male, ma anche qui si può avvertire qualche raro residuo dello Spirito, come tracce di profumo che si espande nell’universo. Lo Gnostico comprende come una scintilla delle Realtà superiori ci sia anche in lui, bisognevole di progressione: è il processo della Conoscenza, che è processo dell’Essere attraverso cui le scintille ritornano alla pienezza della Luce.

            La Gnosis (Conoscenza) è lo strumento attraverso cui l’anima si libera. In essa c’è una fusione di dualismo persiano, culti misterici, giudaismo e cristianesimo.

Pistis Sophia (Fede Sapienza) rappresenta il dramma dell’anima umana ed il percorso conoscitivo da compiere: l’uscita dal Padre, l’abbandono, l’errore, la disperazione, l’ansia del ritorno, la speranza del riscatto finale per mezzo di Cristo e della conoscenza dei suoi Misteri (vedi e confronta il mito della "Perla" di Valentino e la parabola evangelica del Figliol prodigo).

 

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Esaminiamo ora, alla luce del testo sopra descritto, il mosaico della Basilica di Aquileia situato nella cosiddetta Aula nord, chiamata anche Aula gnostica, in quanto sede di una comunità cristiana primitiva di tipo gnostico-alessandrino.

Il percorso inizia dalla SECONDA CAMPATA, che avrebbe dovuto rappresentare il nostro mondo terreno; essa era separata da cancelli dalle altre, in corrispondenza della fascia di ribes. Tale zona era probabilmente riservata ai neofiti, ai fedeli che partecipavano ai riti.

 La Grande Chiesa (Chiesa ufficiale) portò grandi modifiche ai mosaici, tuttavia rimane lo sforzo di rappresentare l’umanità e la vita sulla terra come una mandria di varie creature, tutte salvate dalla croce di Cristo (croci a tortiglione). I canestri con fiori o frutta, danno l’idea delle offerte (forse questa campata era orientata all’altare che stava in mezzo). In particolare, il canestro di funghi e il piatto con le chiocciole alludono alla Resurrezione (il fungo fuoriesce dalla terra, la chiocciola dal guscio). Analogo significato ha il coniglio albino (che troveremo nella quarta campata) subito oltre il segno dell’originale muro divisorio, in riferimento al mutamento del suo mantello nel cambio di stagione. L’iscrizione che vi si trova (Januari…), significa che Gennaro ha dato il necessario per costruire 880 piedi quadri, ricevuto come dono da Dio.

Della regione degli Inferi (terza regione del mondo degli Eoni) non troviamo traccia.

Nella TERZA CAMPATA, o campata dei Cieli Planetari, inizia la successione dei Cieli: Zeus, Afrodite, Hermes, Ares, Cronos. Siamo sempre nel mondo degli Eoni (prima regione), caratterizzato dalla commistione tra Luce e materia, tra bene e male. Da questa zona in poi probabilmente l’ingresso era riservato a stadi di iniziazione più elevati.

Il Cielo più basso è quello di Zeus, (Giove) il cui Arconte Jachthanabas è raffigurato in forma di cavallo alato infuocato. Si tratta di Pégaso, messaggero di Zeus. E’ un Arconte violento (vedi Appendice C, frammento gnostico), sotto il quale è posta una quantità di altri dèmoni; egli ruba le anime che si trovano tra i suoi castighi e le consuma con il fumo e il fuoco. In particolari situazioni astrologiche ricorrenti, l’Arconte consente il passaggio di alcune anime al Cielo successivo. Ricordiamo che nella concezione gnostica ogni cielo comprende al suo interno le realtà inferiori ed è avvolto da quelle superiori: tutte si penetrano e si compenetrano. Alla sua sinistra, le tendenze contrapposte della psiche (Ego ed Essenza), sono rappresentate da due corvi o merli attorno a un melograno. Le scintille di Luce (anime) sono raffigurate in forma di nodi o di fiori in cerchi od ovali.

Il Cielo di Afrodite (Venere) è sorvegliato dall’Arconte Typhon, rappresentato da un asino (in Appendice C, Typhon è detto "il grande arconte... dalla faccia d'asino"); egli controlla trentadue demoni, quelli che inducono alla concupiscenza, all’adulterio ecc. Alla sua destra si vedono due pernici contrapposte: la coppia allude al lavoro interno dell’uomo sui difetti, in questo caso della lussuria e del desiderio.

Il Cielo di Hermes (Mercurio) è sotto il controllo di Ecate trifaccia, sotto la quale si trovano altri ventisette démoni, che inducono a falsi giuramenti a menzogne, al desiderio della roba d’altri (Ego del furto e della menzogna). L’animale sul mosaico purtroppo non è integro, a causa delle fondazioni del campanile, ma a ben guardare, si può pensare che avesse più facce. Alla sinistra una coppia di meravigliosi fagiani, ai lati di un tirso di albero da frutto. L’anima anche qui deve combattere gli aspetti infernali per compiere l’ascesi.

Il Cielo di Ares (Marte) è governato dall’Arconte Ariuth che, secondo il testo Pistis Sofia, ha forma di capra scura. E' raffigurato con il manto rosso (colore del pianeta), il corno dell’attacco della battaglia e lo scettro del potere, tutte insegne del comando. Lo scettro è stato trasformato successivamente dalla Grande Chiesa in pastorale. Questo Arconte solleva guerre, causa omicidi, indurisce il cuore e lo istiga alla collera (Ego dell’ira, dell’omicidio, della violenza). Alla sua destra, ancora la coppia di uccelli con il significato noto.

Il Cielo di Cronos (Saturno) è controllato dal relativo Arconte Paraplex, raffigurato dal torello dell'abbondanza con la falce messoria, simboli tipici che l'iconografia classica attribuiva a Saturno (in accordo alla festa estiva dei Saturnali); alla sua sinistra, due porfirioni (specie di folaghe) attorno ad un tirso di mele. L’immagine è incompleta e non consente l’approfondimento simbolico.

Procedendo in avanti (sempre verso est), troviamo una fascia divisoria a tralci, che doveva introdurre, probabilmente con una balaustra, alla quarta campata. Essa è divisa a sua volta in due zone da una doppia fila di tessere scure. Il limite sud dell’aula originaria era costituito da un muro che si evidenzia tuttora con un rigonfiamento.

Usciamo ora dalla regione degli Eoni ed accediamo alla parte inferiore della QUARTA CAMPATA, o Steréoma, o Cielo delle Stelle Fisse. Qui i grandi Prìncipi sono raffigurati sopra degli alberi; essi sono in numero di cinque (ne vediamo però solo quattro, poiché uno è andato perduto sotto il campanile) e significano i 5000 anni simbolici già trascorsi dalla Creazione (al tempo di Cristo). Ogni giorno della Creazione corrisponde a mille anni simbolici. Al tempo attuale siamo quindi al settimo giorno, quello in cui il Figlio, secondo le Scritture, porrà fine alla dilazione accordata ai peccatori e verrà a giudicare gli empi. Da quel momento avrà inizio l’ottavo giorno, cioè un altro mondo, quello in cui i Santi regneranno con il Cristo (vedi l’Apocalisse e l’avvento della Gerusalemme celeste). In questa zona vari aspetti divini controllano la salita delle anime (stelle) all’Assoluto, ormai purificate dalla loro parte negativa e quindi non contrapposte.

Sul primo albero risiede la seconda guida primordiale, cioè Mosè, simbolizzato dal Capricorno. Nella mitologia greca la capra Amaltea, che aveva salvato il piccolo Zeus, era stata poi tramutata, per riconoscenza, in costellazione. Il parallelo Zeus-Mosè è evidente se si pensa che Mosè, "guida primordiale" del suo popolo attraverso il Mar Rosso, legislatore degli Ebrei come Zeus era legislatore dei Greci, era sua volta stato salvato dalle acque del Nilo e poi "fatto celeste".

Sul secondo albero, si trova una nidiata di pernici, allusiva alla costellazione delle Pleiadi ed a Melchisedech, di cui sono le assistenti. Le Pleiadi, costellazione che si presenta a maggio, nel periodo della mietitura, hanno il ruolo di mietere e di raccogliere, in riferimento agli gnostici che devono diventare raccoglitori di semi luminosi. Tale funzione può riferirsi sia al lavoro interno di ricostituzione dell’Anima, sia a quella di raccogliere nel mondo le scintille delle anime inquiete.

Sul terzo albero è posto un gambero o astice (allusivo alla costellazione del Cancro). Esso rappresenta la prima guida primordiale,  Giosuè. Tutto, qui, allude allo "star fermo", proprio come fece Giosuè che arrestò il corso del sole. Astakòs, da a-steico, significa alla lettera "non vado avanti"; il sole nella costellazione del Gambero, quella del solstizio d'estate, sembra che resti fermo in mezzo al cielo, anzi, che per qualche giorno retroceda; in più, nella parte superiore del riquadro, è raffigurata una torpedine, che trae il proprio nome dal verbo torpere, che significa "paralizzare".

Sul quarto albero c’era un drago (costellazione del Drago), poi trasformato in capretto. Si allude a Jeu, sorvegliante della Luce, promanato per primo, che sorveglia una cesta con dodici forme rotonde. La figura, nel suo insieme, ricorda il mito grecoromano del drago che sta a guardia delle dodici mele d’oro nel giardino delle Esperidi. Quando la Grande Chiesa, dopo la pace di Milano del 313, scalzò la primitiva comunità gnostica, fu operato un camuffamento del drago per trasformarlo in un capretto, più consono alla simbologia cristiana ufficiale. Il drago originale doveva avere ancora una spira e la coda si prolungava fino al muso; le alterazioni più evidenti sono un improbabile codino e due zampe monche. Il capretto venne trasformato dalla Grande Chiesa nell’Agnello sacrificale, iconografia classica del Redentore, anello di collegamento e di salvezza tra il mondo imperfetto e il mondo divino. Le forme rotonde nella cesta (uova?) possono avere anche il significato dei resti materiali dei dodici apostoli, rimasti al di qua del Limite, quando essi sono saliti al Pleroma (resti degli Ego distrutti, vedi tradizione esoterica relativa al “cammino di Compostela” e alla tomba di S. Giacomo). Il quinto albero manca, in quanto coperto dalla torre campanaria in età medioevale (1030).

Al limite superiore di questo settore, ultimo mistero prima della pienezza del Plèroma, troviamo il Padre dall’aspetto di colomba, come descritto in Pistis Sophia. L’immagine, in realtà, corrisponde ad un uccello dalle piume verdiazzurre e dal collare rossiccio, indubbiamente più simile ad un pappagallo. L’equivoco si spiega pensando ad una specie particolare di colombe, che vivono nell’Africa orientale e in Medio Oriente: la cosa rimanda ad artisti di provenienza alessandrina o medio-orientale.

Salendo ancora, si oltrepassa il “limite” e si entra nel PLEROMA di Dio, nell’Ogdoade o Ottavo Giorno. In questa zona troviamo i primi tre ottagoni.

Nel primo, il fiore di loto stilizzato rappresenta il pre-Padre, la potenza non ancora manifestata. Esprime l’unità di Dio nel suo aspetto inconoscibile.

Nel secondo ottagono, l’Ariete, primo segno dello zodiaco, rappresenta il Padre come principio di ogni cosa, il Verbo che è presso Dio ed è Dio (Vangelo di Giovanni). Egli è il padre del gregge, sulla cui fronte si trova una forma di C capovolta. Essa sta ad indicare, in Pistis Sophia, il luogo in cui Gesù radunerà gli Apostoli all’interno del Padre: Gesù invita gli Apostoli a formare una corona attorno a sé nel posto della glorificazione, alla fine dell’ascesi. Anche noi, secondo P.S., possiamo rientrare tra quei semi eternamente vivi, il cui destino finale sarà di diventare “corona” sulla fronte del Padre. In questo senso, gli Gnostici si intendevano conoscitori della via della salvezza. Sopra la figura dell’Ariete c’era l’iscrizione CYRIACOI (signori, uomini eletti, in quanto detentori della conoscenza), che stava ad indicare il punto in cui gli Gnostici sarebbero stati glorificati. La Grande Chiesa sostituì quella scritta con l’attuale CYRIACE VIBAS, che significa “viva il giorno della Resurrezione”, riferita all’Opera di Gesù Cristo.

Il terzo ottagono raffigura la contrapposizione tra gallo (annunciatore della Luce) e tartaruga (da “Tartaro”, mondo inferno), cioè tra luce e tenebre, ed allude al segno della Bilancia, appunto come contrapposizione. Sono sintetizzati qui i concetti di luce, tenebre, verità, conoscenza ed ignoranza delle Verità. Il principio dualistico gnostico del Bene e del Male è qui visto in funzione del lavoro interiore di ascesi; attraverso questo si perviene allo Spirito, rappresentato dal profumo nell’anforetta sulla mensola, che si espande nell’universo come frutto del lavoro. L'immagine, nel suo insieme, ricorda la scena del giudizio delle anime sui piatti della bilancia da parte di Anubis, così come si trova nella più classica iconografia egizia. Sembra evidente pertanto un richiamo al giudizio finale cui ogni anima dovrà sottostare prima del ritorno al Padre.

L’ottagono successivo, se non fosse stato alterato, avrebbe probabilmente dovuto raffigurare i pesci, segno alludente al Cristo; ICHTYS (“pesce” in greco) = Iesus Christòs Theou Yios Soter = Gesù Cristo Salvatore Figlio di Dio. La Salvezza, dunque, dopo gli sforzi di ascesi individuale,  avviene anche attraverso il sacrificio gratuito del Cristo.

Altre figure furono cancellate e sostituite dal tappeto stellato, che si trova proseguendo verso sud.

 

                                                                                              Graziella Protto

 

                                                                                        graziellaprotto@libero.it

 

 

N.B.: il presente lavoro è frutto di una rielaborazione di alcune parti dell’opera di R. Jacumin: “Le porte della salvezza”, ed. Gaspari,  e del testo curato da L. Moraldi: “Pistis Sophia”, ed. Adelphi.

 

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