DEDALO E LABIRINTO

 

"Il mondo è un labirinto dove l’anima deve errare fino alla sua liberazione."

(lppolito, 3' secolo dopo Cristo)

 

 

Dedalo e labirinto: enigmatici simboli che, nel corso dei secoli, furono impiegati in diversi modi ed evocano delle immagini molto differenti. Questi due termini sono spesso usati con lo stesso significato.

Il labirinto, sino al momento in cui viene riconosciuto l'unico cammino che conduce al centro, somiglia molto a un dedalo; esso presenta una rete di tortuosità sorprendenti, apparentemente senza scopo, se non si capisce chiaramente che tutto ciò porta a un determinato fine. Nel labirinto, contrariamente al dedalo, il cammino termina al centro. In un dedalo vi sono molti itinerari praticabili: i bivi insidiosi e le vie senza uscita non consentono una chiara visione del percorso, ci si smarrisce facilmente.

Il labirinto ermetico simboleggia la via che porta al principio centrale, interiore, dei microcosmo. Chi trova l'entrata può raggiungere il centro, purché non torni indietro. In un labirinto non c'è scelta tra sinistra e destra, ma solo fra l'avanzare o il tornare indietro. Chi non persevera muore. Chi riesce a vincere diventa un altro uomo.

Il termine labirinto evoca le parole latine labor intus, che significano "lavoro interiore". Da questo punto di vista, il labirinto è la via interiore che bisogna trovare e percorrere fino alla fine. Chi l'ha trovata non può più sbagliare, purché non ritorni nel dedalo delle sue percezioni sensoriali.

Il dedalo è, infatti, lo spazio chiuso in cui erra l'uomo che si lascia guidare da una coscienza orientata sulle impressioni dei propri sensi. Il dedalo, allora, mostra innumerevoli possibilità e indica scelte apparenti, spesso contraddittorie.

E’, dunque, un simbolo appropriato della vita esteriore dove regnano solo lotta e confusione. Il poeta Virgilio (70- 19 a. C.) descrive differenti dedali. Dice che sono costituiti da migliaia di percorsi e presentano molteplici direzioni contrarie. Errare in un dedalo, secondo lui, equivale a fare dei nodi inestricabili, poiché il cammino inverso non è visibile.

Gli autori che hanno collaborato a questo scritto tentano qui di sottolineare, il più chiaramente possibile, le differenze dei significato di questi due simboli - dedalo e labirinto -, dimostrando che non possono confondersi. Hanno constatato che il cercatore di verità è sensibile all'immagine degli uomini erranti in questi nostri tempi incerti. Il dedalo e il labirinto si trovano nell'uomo! Egli è costretto a esplorarli per ritrovare se stesso, risolvere i suoi problemi e raggiungere il vero scopo della sua vita.

Il numero dei cercatori cresce, con una velocità sempre maggiore, in tutto il mondo. Di solito, però, il velo dell'ignoranza è talmente spesso che pochi cercano la verità iniziando da un'immagine pura e concreta.

Attualmente, come nel lontano passato, il labirinto affascina perché fa un chiaro riferimento al cammino di ritorno. L’inizio del viaggio di ritorno in patria è nascosto al centro del microcosmo.

Cercheremo di mostrare questo aspetto. Speriamo che i lettori possano trovare in queste considerazioni delle indicazioni per avvicinarsi sempre di più alla sorgente centrale che è in loro; speriamo, inoltre, che possano cambiare il dedalo della coscienza terrestre con un cammino chiaro, visibile e sicuro verso il tesoro nascosto al centro del loro labirinto.

Se il dedalo evoca l’andirivieni tra i valori estremi della vita, il labirinto si presenta a chi intraprende un altro cammino. L’errare precede sempre il ritorno in patria.

 


 

IL LABIRINTO: ORIGINE E SIGNIFICATO

 

Chi sente la parola "labirinto" pensa forse a un complicato dedalo, abilmente elaborato, a una sorta di attrazione esotica in cui ci si perde facilmente: trovare l'uscita fra tutti i possibili percorsi è un gioco, una scommessa e un'arte. La parola labirinto viene anche utilizzata per indicare circostanze intricate, confuse; o per indicare - ad esempio - che qualcuno si è perso o è bloccato in una situazione inestricabile.

Se si cerca l'origine e il significato del labirinto, ci si scontra con il paradosso della somiglianza e della differenza tra "labirinto" e "dedalo". Il labirinto può anche essere un dedalo, ma un dedalo non è un labirinto.

Quasi ovunque, nel mondo, esistono delle costruzioni che rappresentano un labirinto: esse sono composte da insiemi di corridoi e di spirali edificati con pietre più o meno grandi. Il labirinto è anche riprodotto su manoscritti, su rocce, su monete, e cosi via. A volte tali costruzioni hanno migliaia di anni; se ne parlava già nell'antichità classica, e si visitavano con curiosità le rovine. Lo storico greco Erodoto (484-425 a.C.) descrive nelle sue Storie ciò che vide visitando, in Egitto, le rovine del "labirinto" situato vicino al lago Moeris (attualmente lago Karoum) presso Arsinoé. Questo sito è chiamato "Il Tempio dell'ingresso del lago", o "Amenemhet vive". Nella seconda parte della Dottrina segreta, H.P. Blavatsky dice che tale tempio è ancora più antico della piramide di Cheope, e che si tratta di una descrizione simbolica delle razze umane e delle tre dinastie (gli Dei, i Manas - semidei della terza e quarta razza - e gli eroi della quinta razza) antecedenti le dinastie regali puramente umane. Tali dati sono, in parte, rappresentati nelle gallerie e nei corridoi di questo labirinto egiziano. Poiché le tre inversioni dei poli modificarono naturalmente l'aspetto dello zodiaco, ogni volta fu necessario costruirne uno nuovo.

E’ possibile che Erodoto abbia chiamato labirinto questo insieme di edifici, di camere, di colonnati e di tombe regali. Tale parola, infatti, veniva spesso usata per indicare un insieme di costruzioni in cui era facile perdersi.

Non è certo che il nome originale di questo complesso iniziatico corrisponda alla nozione di labirinto. Gli storici suppongono che il gigantesco complesso egiziano possa essere stato il modello a cui si ispirò il famoso labirinto di Creta, costruito molto più tardi e collegato al celebre mito di Teseo, del Minotauro e del filo di Arianna.

 

UN SOLO INGRESSO, UN SOLO CAMMINO

Nell'Antichità, la parola labirinto indicava una costruzione con un solo ingresso e con una pianta così complessa che, all'interno di essa, i profani potevano soltanto perdersi. All'epoca dei Rinascimento si aggiunse la nozione di "dedalo".

Secondo Erodoto, fu il faraone Amenemhet (1842-1797 a.C.) che costruì, come tomba, il labirinto egiziano ai piedi della piramide di Hawara. I custodi raccontarono allo storico greco, durante la sua visita, che nella tomba si trovavano dodici faraoni e un gran numero di coccodrilli sacri; gli fu, però, vietato l'accesso. Più tardi, altri visitatori considerarono questo insieme - di circa trecento metri per duecentocinquanta - come una delle sette meraviglie del mondo. Attualmente ne restano soltanto poche colonne. L’archeologo inglese Flinders Petrie cercò, nel 1888, di liberare dalla sabbia queste costruzioni per scoprire come i saccheggiatori della tomba avessero potuto, qualche migliaio di anni prima, raggiungere il loro scopo attraverso la rete di corridoi e di passaggi. Secondo lui dovevano possedere una mappa. La sua ricostruzione del labirinto non riproduce, però, la forma conosciuta del labirinto dei Misteri. Lo storico tedesco Athanasius Kircher (1602-1680) fece un magnifico disegno seguendo la ben nota leggenda. Ma tutti questi tentativi non fanno altro che trasporre sulla carta la fantasia personale di ognuno. Stando alle descrizioni stilate dai diversi storici, dopo l'avvento dell'era cristiana, si tratta di un enorme complesso che suscita molte domande e dà poche risposte.

La descrizione di Erodoto (484-425 a.C.) è interessante: una costruzione inimmaginabile comprendente dodici grandi strade coperte e tremila vani, di cui la metà sotto terra. Seguendo un altro autore greco, Diodoro di Sicilia (primo secolo a.C.), il labirinto egiziano era la tomba di dodici re che regnarono sulle dodici province, o nomi, d'Egitto.

Nelle descrizioni di questi due autori greci, non si trovano complesse reti di corridoi. La regolarità armoniosa degli edifici non permetteva di errare come in un labirinto. Senza dubbio, le loro dimensioni e la loro complessità hanno giustificato l'impiego della parola labirinto, termine che - molto più tardi - fu legato alla nozione di "lavoro interiore".

Un vero labirinto dei Misteri evoca i temi della morte fisica e spirituale, della nascita e della resurrezione; questi temi avevano un ruolo centrale nei Misteri egizi e nel culto che ne derivava. Le camere sotterranee fanno certamente pensare a un tempio funerario, ma era anche un luogo d'iniziazione in cui il faraone veniva preparato per il suo compito di sacerdote-re. In numerosi labirinti troviamo tematiche simili. In Malesia, su una delle isole delle nuove Ebridi, Malekula, esiste un rito in seguito al quale l'anima del defunto si avvicina al labirinto tracciato da un guardiano che ne cancella, poi, la metà. Un anima, per guadagnare l'immortalità, deve ripristinarlo nella sua totalità prima di poter raggiungere il centro.

Quasi ovunque, nel mondo, si trovano dei disegni incisi sulle rocce e delle rappresentazioni di labirinti. I più antichi risalgono a migliaia di anni fa. Mostrano tutti una struttura omogenea comprendente un cammino in spirale che porta fino al centro. La forma di base è una croce circoscritta in un cerchio, generata - per così dire - dal movimento intorno al centro. La croce simboleggia la terra o la personalità, composte tutte e due da quattro elementi o forze eteriche che si manifestano anche nei quattro corpi, o veicoli, della personalità. Il cerchio può essere il simbolo dei sole, del macrocosmo o dei microcosmo. Il labirinto con i suoi sette, nove, dieci o dodici giri o circonvoluzioni può essere considerato come un luogo di orientamento. Colui che vi entra è in cammino per la destinazione finale: il centro, il nucleo del suo essere.

All'interno dello spazio chiuso del labirinto, cioè in se stesso, si sforza di conciliare due principi: la croce dell'uomo terrestre e il cerchio dell'eternità.

Nel labirinto, il cammino non conduce dunque direttamente al centro, ma segue una "deviazione massima".

 

IL DEDALO E’ LA DEGRADAZIONE DEL LABIRINTO?

La più antica rappresentazione di un dedalo risale al Rinascimento italiano, all'inizio del XV secolo. Più tardi, all'epoca barocca (che si manifestò in Italia nel XVI secolo) e rococò (che seguì il barocco), la concezione del labirinto si trasforma in un percorso nel quale ci si inoltra fra siepi potate, in un giardino, senza altro scopo che divertire o sviare i visitatori. Si dice che il Papa Clemente X amasse inviare i suoi servitori nel dedalo e che, quando si erano perduti, li richiamasse in fretta ai loro doveri.

Il cammino è la differenza essenziale fra il dedalo e il labirinto. Il labirinto, nella sua forma più antica, comporta una via, un percorso, un accesso. Il dedalo offre numerose vie e possibilità. Nel dedalo, i muri - o pareti - sono così alti che è impossibile guardare al disopra. In un labirinto non ci sono incroci o biforcazioni. La via unica conduce sempre verso il centro, nonostante ogni tipo di giro e di percorso. Chi vi entra non può dunque sbagliarsi. E’ un meraviglioso simbolo del cammino che deve percorrere chi cerca la verità.

 

IL FILO D'ARIANNA

Il labirinto dei Misteri è una figura geometrica con forma rotonda o rettangolare. La sua pianta, vista dall’alto, è bella, armoniosa e mostra le seguenti caratteristiche:

-          presenta una sola apertura;

-          il percorso è sconcertante e si dispiega, serpeggiando fino al centro, in una maniera imprevedibile;

-          le circonvoluzioni occupano l'intero spazio interno;

-          il cammino passa, periodicamente, molto vicino al centro.

Seguendo il percorso, il raggio d'azione diviene più piccolo. Questo può significare, dal punto di vista filosofico, che si perde la zavorra, i propri beni terrestri, ma in compenso si acquista concentrazione, interiorizzazione e orientamento sul principio stesso del cammino verso l'interno.

Si resta colpiti dal fatto che il movimento presenti - a fasi alterne - espansione e riduzione, inspirazione ed espirazione. Questo movimento alternato, la cui direzione cambia senza sosta, si svolge su tre piani.

La parola labirinto fu "latinizzata" nel Medio Evo in “labor intus”, lavoro interiore. Sebbene questa etimologia sia inesatta e non corrisponda al significato originale, la traduzione designa comunque il processo che vi si svolge, corrispondente al labirinto. Chi entra per la porta stretta non ha più riferimenti esterni, ma deve seguire il cammino interiore. Sul suo tragitto passa molte volte vicino al centro, ma senza poterlo osservare. Non si tratta di una perdita di tempo poiché - avvicinandosi al centro per esserne poi allontanato - subisce un processo di maturazione nel corso dei quale viene provata la sua volontà e la sua perseveranza. Un cammino in linea retta non potrebbe offrire lo stesso auspicabile risultato.

Questo centro viene rappresentato in diversi modi: può esserci un albero della vita, una torre o un tempio, la morte, il Minotauro, un pellegrino, una montagna.

Qui, nel centro, avviene finalmente il confronto. Nel racconto simbolico che si svolge nel labirinto di Creta, l'eroe Teseo arriva davanti al Minotauro (un toro metà uomo, metà animale). E’ necessario sacrificargli sette giovinetti e sette fanciulle: i sette poteri dell'anima. Ma Teseo, grazie ad Arianna, trionfa sul mostro e pone fine al suo insaziabile appetito.

Così il cercatore, arrivando al centro del proprio labirinto, può incontrarvi un aspetto del suo io egocentrico, forma che emana da se stesso e si manifesta come un insaziabile mostro. Con l'aiuto dell'anima pura, simboleggiata da Arianna, ha la possibilità di neutralizzare questo aspetto dell'ego e vincerlo. Solo Arianna conosce l'entrata e l'uscita del labirinto. Chiunque osi intraprendere la lotta col suo personale Minotauro, riceve dall'anima tre poteri che si manifestano nel cuore, nella testa e nelle mani.

Quando questi tre poteri collaborano in armonia, costituiscono una. forza di opposizione capace di addormentare l’io animale, il Minotauro. Solo allora, la spada dello Spirito può decapitare il mostro. Il tenero legame dell'amore divino, il filo di Arianna che lega Arianna a Teseo, permette all'eroe di ritrovare l'uscita.

Per liberarsi dall'ego, che è molto complesso, l'uomo deve effettuare numerosi giri attorno al principio centrale del suo essere. Nel corso di questo periplo, abbandona i suoi poteri personali: in altri termini getta via il suo intero fardello. Deve prima osservare e comprendere per poi abbandonare tutto ciò che possiede, tutto ciò che è. Attraverso i tratti del suo carattere, contraddittori e laceranti, perviene allora alla comprensione; raggiunge finalmente quel punto, all'interno di se stesso, in cui può abbandonarsi all'unità. Ma sino a quel momento, questo luogo è sempre occupato dal Minotauro. L’Ego rivendica tutto per se stesso. Ma se l'io accetta l'aiuto indispensabile dell'anima pura - l'atomo originale la scintilla divina - riprende il suo vero posto al centro del microcosmo.

Questo stato d'essere è rappresentato in numerosi labirinti in cattedra del Medio Evo, labirinti in cui figura il Cristo come forza divina centrale.

 

MORTE, NASCITA E RESURREZIONE

Per l'uomo che viveva prima dell'era cristiana, lo scopo del labirinto era diverso da quello dell'uomo del Medio Evo. Quest'ultimo si volgeva verso la Nuova Gerusalemme per divenire cosciente dei mondo decaduto. Il percorso del labirinto era una sorta di pellegrinaggio che il credente doveva compiere camminando sulle ginocchia. Non era una cosa da poco! Il labirinto della cattedrale di Chartres ha un diametro di dodici metri con un percorso interno di duecento metri. Il paradosso del labirinto risiede nel fatto che, se da una parte rende accessibile il centro, dall'altra lo protegge dagli intrusi. Questo doppio significato mostra che ci si riferisce a un cammino d'iniziazione. I labirinti più antichi servivano soprattutto a rappresentare il ciclo che va dalla nascita alla morte e dalla morte alla nascita, e così via. Spesso era il simbolo di un percorso nel seno della terra, verso una "regina sotterranea”. In India, il labirinto è raffigurato su degli amuleti che servono ad alleviare le doglie del parto. Anche presso gli Hopi, i Kivas, il labirinto simboleggia la (ri)nascita. Il simbolo della Santa Terra Madre è rappresentato nei loro santuari sotterranei con queste parole: "Tutte le linee e i corridoi del dedalo-abirinto formano il piano universale del Creatore, che l'uomo deve seguire nel cammino della sua! vita".

 

LIBERAZIONE FUORI DAL DEDALO

Il labirinto, nel XX secolo, non ha perso nulla della sua attualità. Nella confusione e nella frammentarietà della vita moderna, mostra a molti la via del ritorno che può, in una certa misura, neutralizzare la ragnatela tessuta dalle impressioni sensoriali. Il pensiero materialista, con le sue specializzazioni, il suo determiniamo senza fine, il suo ridurre tutto a concetti, le sue analisi e la sua ricerca di referenze, incatena la natura su un letto di torture. Perciò qui è meglio parlare di dedalo, il dedalo delle chimere che tengono l'uomo prigioniero delle abitudini dei suoi pensieri, sentimenti e azioni. Ciò significa che mente e cuore seguono una falsa pista all'interno del dedalo e che gli atti che ne sono la conseguenza, dunque, generano il caos. La testa, il cuore e le mani, tuttavia, - cioè la parte intellettuale, emozionale e motoria dell’uomo - sono stati concepiti per essere dei santuari attraverso i quali la saggezza divina possa manifestarsi.

Quando, con l'aiuto dei poteri dell'anima pura che emana principio fondamentale del proprio essere - il principio spirituale - si è in grado di percepire chiaramente le illusioni del proprio ego, si può anche fare l'esperienza dell'unità con la vita originale. Guidata dalla forza spirituale chiamata "Gnosi" - il nuovo sapere interiore che deve occupare il posto centrale in ciascuno - la mente ha la possibilità di compiere la missione per cui era stata creata: essere lo specchio della saggezza divina.

Anche il cervello è composto da un gran numero di circonvoluzioni, simili a quelle di un labirinto. Lo spazio occupato dal cervello è, così, ugualmente sfruttato al massimo. Tuttavia, per poter utilizzare al meglio le sue immense possibilità spirituali, ognuno deve prima trovare l'uscita dal dedalo delle sue percezioni sensoriali.

 

 

IL TOPO ELETTRONICO

Alcuni scienziati compiono delle ricerche sull'intelligenza artificiale organizzando, regolarmente, dei concorsi chiamati "Il topo elettronico”. Un dispositivo "intelligente" - un topo elettronico - deve trovare, nel modo più rapido, il suo percorso verso il centro di un labirinto.

Il vincitore viene definito come il più "intelligente". I partecipanti cercano di elaborare un programma, il più perfezionato possibile, che funzioni da cervello del topo. Qualche anno fa, un vincitore inaspettato vinse il concorso a Parigi. Non fu utilizzato un topo elettronico con una sofisticata capacità di calcolo, ma un semplice apparecchio meccanico.

Il programma era fondato su questa semplice idea: poiché il dedalo aveva una sola entrata, la parete che andava dall'entrata al centro doveva formare una linea continua.

Allora, fu concepito un dispositivo che permetteva solo di avanzare e, con l'aiuto di una piccola antenna al fianco destro, manteneva un contatto continuo con la parete del labirinto. Questo topo meccanico non solo vinse la prova, ma fu cinque volte più rapido dei suoi concorrenti elettronico. Non aveva, forse, trovato il percorso più corto, ma certamente il più rapido e il più sicuro. La sua rapidità derivava da ciò: non doveva "pensare" ogni volta che si trovava dinanzi a un bivio, poiché non aveva scelta: doveva solo e sempre avanzare. Non poteva sbagliare strada!

 

 

 

IL DEDALO IN CUI ERRA CHI CERCA LA VERITA’

Chi cerca la verità nel corso della propria vita può scoprire, a un dato momento della sua ricerca, che esistono due realtà: quella dell'illusione e quella dell’essenza delle cose. Le illusioni sono dei sogni, chi lo ignora ne resta prigioniero. Chi insegue le chimere del mondo illusorio, deve soffrire continuamente e penerà molto a raggiungere il centro, la sorgente e la causa della vita. Nel centro, nel cuore, si nasconde la realtà, un mondo meraviglioso che si può scoprire solo cominciando a vivere grazie alle correnti divine dell'amore e della saggezza. Questi flussi di forza divina sono onnipresenti, ma i veli dell'illusione - in cui molti si avvolgono - li rendono invisibili e impercettibili.

Chiunque viva nell'illusione, consacra tutta la sua energia ai pensieri e ai sentimenti che sorgono interiormente, così perpetua le sue chimere. Ciò che scambia per realtà è solo un'immaginaria impalcatura elaborata da lui stesso, e le sue rappresentazioni mentali ne sono solo un riflesso. Queste formazioni, strutture di pensieri e sentimenti, sono il risultato di una forza creatrice orientata male, e generano una realtà separata, chiamata dalla filosofia gnostica della Rosacroce d'Oro “sfera riflettrice". Questa sfera comprende tutte le idee e le proiezioni della realtà che l'uomo ha creato, o crea, ma esse non fanno assolutamente parte della realtà divina. Perciò nella nostra epoca risuona un appello pressante, affinché sia distrutta ogni illusione - in cui il mondo intero è immerso - e l'umanità prenda un'altra direzione.

Il cercatore che non è ancora riuscito a liberarsi dalle sue illusioni erra, guidato da queste, come nei meandri di un dedalo. Spesso egli si avvicina all’ingresso del labirinto, ma, poiché la sua attenzione è distratta da altre cose, se ne allontana nuovamente. Tuttavia, il cammino che passa attraverso il labirinto dei Misteri lo conduce inevitabilmente al centro. Per giungervi, il cercatore di verità deve entrare per l'unica porta e percorrere la via senza angoscia, senza preoccupazioni e senza timori. Arrivato al centro, non errerà mai più, perché ha trionfato sull'ignoranza e acquisito l'onniscienza.

 

                   

                                                                              Pianta della Cattedrale di Chartres

 

ILLLUMINAZIONE INTERIORE

Il desiderio di illuminazione, paradossalmente, può divenire il maggiore ostacolo sul cammino. Poiché gli esseri umani sono chiusi nelle dimensioni dello spazio e del tempo, si fanno un'immagine lineare della situazione che cercano di raggiungere. Essi immaginano di poter salire prima uno scalino, poi un secondo e infine un terzo.  Ma la realtà divina è ben diversa da quella nella quale vivono gli uomini. L’Ordine divino risponde alle proprie leggi e non a quelle degli uomini.

Poiché essi oppongono una resistenza interiore, la realtà divina li penetra provocando, generalmente, ciò che si può definire uno choc. Avvenimenti inattesi e dure esperienze li conducono in maniera incomprensibile, a causa della loro resistenza, verso il centro del proprio labirinto, fino al loro nucleo spirituale.

Gli uomini comprendono, allora, come sia impossibile trovare l'eternità e la perfezione in questo mondo. Se orientano il desiderio su quanto forse accadrà un giorno, non possono tralasciare quanto è, ora, veramente importante. La verità non si evolve, essa è. Bisogna solo discernere quanto non è vero, quanto è illusione. Chi accetta di perdere le sue illusioni ha la possibilità di scoprire, grazie alla nuova libertà, qualcosa di ciò che esiste da sempre. Egli, per così dire, dà uno sguardo al di sopra dei muri dei proprio labirinto, e percepisce una realtà diversa.

Le relazioni umane naturali possono, talvolta, portare a una grande illusione, e imprigionarci in un dedalo di chimere. Il desiderio di appartenere a un gruppo è spesso il tentativo di compensare un gran vuoto interiore, e nasce dalla sensazione di isolamento nota a tutti. Si pensa che il contatto con altri faccia sparire questo senso di solitudine. Ci si affretta a entrare in un gruppo, piuttosto che subire il viscerale dolore della solitudine. Chi cerca un'unità superiore non deve pensare, però, che ciò accadrà scambiandosi piacevolmente delle idee, per quanto elevate. La voce dell'anima nuova si percepisce solo nel silenzio interiore; la personalità prova, allora, che non v'è alcuna separazione nel mondo delle anime.

Una sola anima vibra in tutto e in tutti; ognuno, ristabilita l'unità con essa, è legato a tutti.

 

 

BLOCCATO NEL DEDALO

Constatiamo che l'essere umano è fortemente attaccato alle sue illusioni e alle sue proiezioni; egli, per paura del dolore e dell'ignoto, si aggrappa al mondo esteriore che conosce bene. Pensa con i dati di questo mondo e misura tutto con essi. Orienta incessantemente i suoi desideri verso l'esterno, finché non ha completato la sua esperienza.

Benché bloccato in diverse direzioni, continua a creare dei desideri e a corrervi dietro. Non può agire diversamente, perché è chiuso nel dedalo del proprio essere. Quando ne avrà esplorato ogni angolo, potrà finalmente sfuggire, e offrire alla sua anima immortale ciò di cui ha sete. Può pervenire al centro del labirinto solo quando si libera delle sue immagini deformate.

Allora, senza alcun egocentrismo, egli cerca un modo per compiere la missione della sua vita. Egli abbandona tutto il suo essere alla Luce che irradia per tutti. La liberazione non è un fine personale, ma quello di tutta l'umanità. La Luce irradia, e deve irradiare anche attraverso di lui. Man mano che l'illusione e l'egoismo creano meno ostacoli alla Luce, egli testimonia sempre più della vivente realtà: "il Regno di Dio è in voi”.

 

IL LABIRINTO DEI MISTERI

 Se scegliamo il termine "dedalo" come simbolo dell’errare, possiamo allora considerare il "labirinto dei Misteri" come simbolo del cammino iniziatico, già tracciato, che ciascuno dovrà un giorno percorrere.

A molti labirinti è associato un mito che mostra chiaramente il cammino verso il centro. Tali leggende fanno riferimento alla vita e alla morte, ma soprattutto alla vittoria sulla morte per trovare la Vita. Non è cosi per i dedali. Certo, alcune costruzioni somigliano molto ai labirinti dei Misteri, ma il dedalo appare di concezione più recente; è tracciato soprattutto per divertire quanti vi entrano, facendo loro perdere l'orientamento. Labirinti e dedali, avendo uno scopo differente, non hanno la stessa struttura. Ci si chiede ora se il dedalo non fu elaborato proprio per l'uomo del Rinascimento, sottoposto a una maggior influenza da parte delle sue vecchie radici karmiche. Nel Rinascimento, infatti, si cerca di ridare nuova vita a tutti i valori dei passato e, durante questo processo, può darsi che anche il labirinto abbia acquistato una diversa forma. In tale epoca, i nuovi sviluppi allargavano gli orizzonti dell'europeo, stimolando e coinvolgendo diversamente la sua personalità. L’uomo, al tempo dei labirinti dei Misteri, non era molto individualizzato. Il Rinascimento, invece, favorisce un'evoluzione che valorizza le qualità individuali e spinge l'uomo alla ricerca interiore della conoscenza di sé.

In ciò è guidato e ingannato dai propri sensi, e questo causa lo sviluppo di una coscienza che si potrebbe definire un dedalo di tortuosità capricciose e di angoli oscuri,  i quali portano facilmente a dei vicoli ciechi.

Chi non si è mai trovato senza via d'uscita nel dedalo della propria coscienza? Chi, completamente sfinito per tutte le mutevoli possibilità che si rivelano negative, non ha comunque continuato a cercare l'unica via d'uscita? Il cercatore, se tale è veramente, deve allora trasferire la sua ricerca dal dedalo al labirinto, dove l'attende la vita nuova ... o la morte. Qui si ritrovano le parole labor intus che significano "lavoro interiore". Se il dedalo rappresenta la vita esteriore, il labirinto simboleggia la vita interiore. Da ciò nascono i miti e le simbologie che conosciamo.

 

CHI ENTRA NEL LABIRINTO?

 


           

L’ingresso nel labirinto presuppone l'abbandono, da parte dei cercatore, del mondo esteriore. Questo tema appare chiaramente nel mito di Teseo e Arianna. Teseo penetra nel labirinto per vincere il Minotauro - metà uomo, metà toro - o, in altri termini, per uccidere in sé ciò che vi è di animale, d'inferiore, affinché il superiore, il nobile, il divino viva. li legame con l'anima è, per lui, un sostegno indispensabile. Il compimento di questa missione ha grande affinità con il tentativo, dei Rosacroce attuali, di condurre a buon fine il cammino dell’anima.

 Si può, allora, considerare il labirinto come il complesso sacro che contiene il passato microcosmico. E’ possibile vagabondare in numerosi corridoi ed effettuare molti giri, ma l'unica azione indispensabile è penetrare l'essenza stessa dei proprio essere. Chi troviamo in questo luogo? A seconda della fase del proprio sviluppo si incontreranno il mostro del karma personale o la Città nuova, il Tempio, il nucleo interiore della vera vita, l'atomo Cristo, cioè la porta d'ingresso della vita nuova.

Sebbene il termine labyrinthos sia greco, tale termine ci rimanda a un'epoca molto più antica. Sono state effettuate molte ricerche e date numerose spiegazioni, ma si conosce poco sull'origine del labirinto. I grandi labirinti citati dallo scrittore latino Plinio A vecchio (23-79 d.C.) portano questo nome, probabilmente, perché egli stesso lo aveva trovato scritto presso altre fonti. La maggior parte delle spiegazioni scientifiche sono solo speculazioni basate su qualche nota di storici dei passato, come Erodoto, che visitò i labirinti egiziani cinque secoli prima di Plinio. A quale di tali informazioni dare credito? Ogni interpretazione non è forse l'espressione di una particolare coscienza, anche se si tratta di semplici descrizioni?

Un archeologo o lo storico, per esempio, che ha riunito dei dati, li interpreta secondo le sue idee. Le controversie sono numerose. Le spiegazioni basate su antichi racconti sono fantasiose, e difficili da collocare nel tempo, per cui è poco probabile che divengano delle verità di base. Questo vale soprattutto per quanto si riferisce al dominio esoterico. In generale si può dire che il desiderio è il padre del pensiero. Per tutte queste ragioni ci permettiamo di dare la nostra interpretazione. Noi scegliamo di operare una distinzione fra labirinto e dedalo.

Il primo rappresenta il cammino interiore, e il candidato sceglie come Cristiano Rosacroce. Il secondo può essere considerato come il mondo nel quale l'uomo, condotto dai propri sensi, erra fino a quando - colmata la misura - potrà scegliere. Il dedalo, dunque, viene prima e il labirinto, lo speriamo, appare in seguito come conseguenza. La distinzione tra queste due funzioni si ritrova - negli antichi labirinti - unita alle costruzioni, ai giardini, ai templi, e così via: luoghi di iniziazione utili a mostrare, a quanti ne erano capaci, il cammino che portava nel più profondo di se stessi, con l'intento di uscirne rinati.

Se ci si riferisce alla lista dei labirinti di Plinio, si può dire che le sue idee sono diverse da quelle dei cercatori venuti dopo di lui. Per lui si trattava di un insieme di costruzioni gigantesche e inaccessibili, parzialmente internate. E’ chiaro che tali costruzioni rappresentavano dei templi, poiché i poteri - religioso e temporale – nell’antichità erano uniti. Ci sembra perciò logico pensare che fossero luoghi di iniziazione dai quali si svilupparono, poi, i dedalo del Rinascimento. Perché? i percorsi nei labirinti antichi avevano lo scopo di combattere il subconscio, e il dedalo fu una forma rinnovata dei labirinto, ove i sensi giocavano un ruolo più importante del subcosciente. Da migliaia di anni l'uomo, sul cammino dell'iniziazione, doveva affrontare il proprio subcosciente per vincerlo, proprio come avviene oggi. Ma attualmente, l'essere umano è guidato dalla propria coscienza di veglia, a sua volta retta dai sensi. Bisogna aggiungere che la coscienza collettiva di oggi è, quasi sicuramente, più complessa di un tempo. E’ necessario liberarsi da essa con la forza e, usciti da questo dedalo, penetrare fino al centro del proprio essere, rientrare nel proprio labirinto, e risolvere la questione fondamentale della propria vita.

La liberazione dalla coscienza di gruppo eleva nella coscienza dell'anima, che ingloba tutta l'umanità. E’ vero che ognuno deve percepire le attività dei propri sensi, e imparare a lavorare con la coscienza che ne deriva, ma vi è una differenza. Il labirinto ha una sola entrata e un solo, percorso, mentre il dedalo - a seconda del costruttore - può anche avere una sola entrata, ma vi si incrociano diversi percorsi rendendo, così, la scelta estremamente difficile. Si possono paragonare le numerose vie alla molteplicità delle suggestioni e mistificazioni dei sensi. Un filo d'oro deve, anche qui, garantire l'uscita. Comenius dichiara che questo filo d'oro ci viene teso quando - nella semplicità e nella rinuncia ad ogni desiderio - ritorniamo a Dio.

 

 

IL DEDALO DELLA DELL’ANIMA

VITA E USCITA VERSO LA LIBERTA’

Riflessioni di un allievo

 

Un uomo vive un momento molto particolare quando, sfuggendo ai giochi vorticosi della vita quotidiana, entra per la prima volta in contatto con una Scuola Spirituale Gnostica. Un'emozione intensa fa vibrare il suo cuore: egli viene scosso, fin nel profondo dell'essere. Può succedere che, in quell’istante, si senta come "illuminato" e, per un momento, dimentichi l'abituale corso dei suoi pensieri; ma possono manifestarsi anche altre reazioni.

Egli può essere totalmente confuso dai molti pensieri che sorgono spontanei e riempiono il suo cielo microcosmico come gli inquietanti soffi di qualche vento autunnale. Può anche avere una reazione fisica. SI, è molto tempo che cerca questa Luce, ma l'incontro è avvenuto al momento opportuno?

Il suo cervello, abituato ai pensieri ordinari, respinge il tocco e cerca una spiegazione "logica" di quanto gli sta accadendo; così lui stesso annulla l'effetto dell'incontro. A volte può sembrare che questa esperienza lo "superi" letteralmente, poiché non può concepire qualcosa di cosi fantastico. L’esperienza, che è stata accolta nel suo campo di respirazione, lo spinge a cercare una via d'uscita.

Egli cercava con sincerità il senso della vita, ma ora, improvvisamente, il suo cuore è colmo di fuoco e di fiamme come se fosse spinto con forza in un potente campo di Luce. Non lo raggiunge più alcun pensiero, non ne ha alcuno. Egli sente, sa: "Sì, è la verità", qualsiasi conseguenza ciò comporti.

In alcuni momenti prova, nel più profondo della sua anima, un'immensa gratitudine. Un influsso, che lo ha toccato, è durato solo un istante. Ne aveva il desiderio, ma le circostanze spesso gli impedivano di provare, direttamente e in modo durevole, questa Luce. A questo punto il cercatore ripiomba nell'isolamento. Il combustibile che possedeva bastava solo per un piccolo fuoco.

Affinché questa nuova apertura non finisca per essere considerata soltanto un sogno, da un tale tocco devono risultare alcune reazioni. La Luce è sepolta nel suo essere; ciò che resta è solo un ricordo, un'immagine impressa sulla rètina dell'occhio interiore. Il cercatore è già stato sufficientemente toccato? Può cominciare con qualche cambiamento elementare nel proprio comportamento? Se sì, vorrà entrare in più stretto contatto con la Scuola Spirituale. Il suo desiderio interiore sarà sufficientemente grande? Avrà abbastanza combustibile quando vi sarà un nuovo impulso della Luce? In caso contrario proseguirà per la sua strada; più tardi si ricorderà della Scuola Spirituale solo come un particolare insieme di personalità molto diverse.

Chi accetta positivamente il primo tocco, si ritrova sulla soglia del tirocinio. La Scuola Spirituale stimola il desiderio assopito nel cercatore, e lo incita a continuare, incurante degli ostacoli elementari. Egli rende "diritti i primi cammini" e si chiede: "Cosa mi succede? Perché gli altri non condividono la mia gioia? Com'è possibile che la Luce universale trovi così pochi cuori aperti?" Constata quanti attorno a lui - completamente orientati sulla materia - le dedicano l'intera coscienza del loro ego. Inoltre, sente il nuovo legame come un'alleanza, come un alimento di cui non potrà più fare a meno.

E’ l’inizio di una grande trasformazione e di un totale rinnovamento interiore li cercatore è felice di constatare che quanto puma sembrava impossibile cambiare in se stesso, adesso cambia: quello che non aveva mai trovato, si rivela ora a lui. Questa è una fase di addio, di rottura dei vecchi legami che si oppongono alla sua nuova evoluzione. Come gli piacerebbe dividere con altri tutto ciò! Parlarne. Ma, a questo punto, egli scopre quanto è diventato più difficile capire e farsi capire. E’ ancora tutto così nuovo, così recente: non può, dunque, esprimersi con facilità... Forse un giorno..

Il processo continua, o almeno così pensa. Ma ... il "ritorno", la manifestazione dell’Altro in lui, non si fa attendere un po' troppo? Dopo i primi cinque o sei anni, non si dovrebbero incominciare a vedere dei progressi? Questa nuova Anina di cui parla l'insegnamento, e per la quale lavora già da molto tempo, non dovrebbe prima o poi reagire, farsi sentire o dare dei segni? Invece no, è silenziosa, tace. Essa si tiene in disparte, in secondo piano: si è ... lasciata imprigionare!

A questo punto l'allievo entra in una nuova fase. E’ forte, è cosciente. S'intravedono nuovi sviluppi. i libri della Scuola Spirituale gli svelano dei misteri sempre nuovi. Quanti lo sentono parlare con estrema sicurezza, ma anche con modestia, si fidano senza alcun dubbio di lui. Ma non sta forse percorrendo un cammino individuale? Non deve forse seguire la sua strada in modo autonomo? La Scuola Spirituale, ma sì... certamente, è vero, ma ... non bisogna pensare in modo autonomo? E poi, non è forse vero che tutti commettono degli errori, anche ai più alti livelli? Non vi sono anche altri libri e altri autori degni di nota? Le opere di psicologia e di scienze dell'occulto di Ouspensky, per esempio! Come allievo, questi libri potrebbero ancora insegnargli molte cose. Non è interessante Krisnamurti quando fa un'analisi, estremamente precisa, "dell'angoscia" come di un importante ostacolo alla vera percezione? Quante domande sincere di un cuore sincero! Non le pone ad altri, ma solo a se stesso, davanti al proprio tribunale interiore. Ma l'Anima tace sempre. Nulla si muove.

Tutto ciò fa riflettere il cercatore. L’Anima si manifesterà nella sua coscienza? Non è forse di natura astrale e regale? Ha forse compreso male? Egli si chiede: "Sei tu il re dei giudei? Sei tu il figlio di Dio?" La domanda stessa contiene la risposta: "Si, Io lo sono".

Proseguono i cambiamenti e il rinnovamento già iniziati. Il cercatore impara a conoscere la sua anima. Si tiene pronto poiché gli si chiede la sua stessa vita: deve offrire tutto il suo tempo e tutta la sua energia. Ma la famiglia e il lavoro non possono aspettare un secondo di più. li dedalo dell'esistenza lo spossa interiormente, e così oscilla da un estremo all'altro. Egli tenta di risolvere i suoi problemi in modo diverso. La sua coscienza è diventata più grande, più vasta, e cerca la soluzione in altre dimensioni. Quando è malato non si precipita a prendere pillole, polveri o altre specialità della medicina alternativa. Dice a se stesso: "E’ di capitale importanza che io conosca le cose invisibili ed esoteriche, per poter rispondere esattamente alle domande degli altri. Devo rimanere orientato sul fine in modo autonomo, attivo, fino al momento in cui..."

Fino a quale momento? Fino al momento in cui 'l'anima" parla? Ma l'anima tace. "Il gran sacerdote si alzò e disse: Non rispondi nulla? Gesù taceva. Ed essi lo condussero fuori affinché fosse fustigato".

Questo linguaggio figurato si spinge ancora oltre. L’Anima si è lasciata imprigionare e accompagna il cercatore in tutte le sue esperienze, in tutte le situazioni in cui ricerca solo l'unico cammino che conduce alla Vita. Vuole parlare alle piante e agli alberi? L’anima tace. Vuole la comprensione superiore? Essa non risponde. Vuole sciare? Vuole praticare delle tecniche come la “camera d'isolamento"? il "Rebirthing"? La "Regressione"? E la sua carriera? E il divorzio? L’anima tace. "Non senti di quante cose ti accusano? Ma Gesù non rispose e ciò stupì molto il governatore”.

Nella misura in cui l'allievo avanza sul cammino della liberazione interiore, sperimenta quanto la saggezza dell’anima, che voleva tanto diffondere, e forse ancora fontana e non può raggiungere la sua coscienza. Così, ben presto arriva la crisi. Quanti potevano sostenerlo - i suoi discepoli - sono lontani. Non servono più, sono troppo deboli, proprio ora che l'antica coscienza deve trovarsi di fronte all’Anima nuova. "Non ho trovato in lui alcuna colpa." Ma la folla - la coscienza - grida: "Sia crocifisso!".

Così, la Luce è come spenta: essa muore da migliaia d'anni nell'uomo che erra. E’ impossibile, per il cercatore, non vivere la propria vita, non porsi delle domande; nello stesso tempo, è impossibile per l'Anima nuova essere già autonoma e libera, a meno che l'anima non muoia. Mentre è impegnato nei suoi più seri sforzi, egli vede la Luce in lontananza, come sullo sfondo. L’uomo non l'abbandona, ed Essa certamente non abbandona l'uomo. In ogni circostanza deve seguire l'anima che tace fino al momento in cui egli stesso raggiungerà quello sfondo. Allora non farà più nulla da sé, sarà l'Anima nuova ad agire in lui.

Quando finalmente comprende, è troppo tardi. Pietro maledice di aver rinnegato Gesù; il rimorso di averlo tradito spinge Giuda, il calcolatore, a impiccarsi. Nessuno dei due poteva seguirlo, poiché entrambi appartenevano ancora alla natura mortale e non a lui, all'Altro. Questa è la Sua sofferenza, ... sofferenza inevitabile. Un Altro non è di questo mondo: impossibile difenderlo con la spada.

"Dopo averlo così schernito, gli tolsero il mantello, gli fecero indossare i suoi vestiti e lo portarono via per crocifiggerlo. Mentre uscivano, costrinsero un uomo di Cirene chiamato Simone, padre di Alessandro e di Rufo, a portare la sua croce".

Soltanto uno degli aspetti della vecchia coscienza può sopravvivere: Simone di Cirene, un lavoratore. E’ lui che porta la croce. Egli rappresenta il minimo biologico. Ecco la vera comprensione, la fase più profonda del tirocinio: portare su di sé il legno della croce. Sotto il peso la testa si piega. Le mani portano la croce di Cristo e nel cuore risuona il canto antico dei Rosacroce: "In Jesu morimur", moriamo in Gesù. E’ la meta posta al centro del labirinto e, nello stesso istante, l'uscita trionfale dal dedalo della confusione.

 

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